La legge richiede l’incapacità di deambulazione o la necessità di assistenza continua.
L’indennità di accompagnamento viene concessa alle persone con un grado di invalidità o inabilità del 100% che siano anche incapaci di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore. Inoltre, ne hanno diritto anche i soggetti che non siano in grado di compiere gli atti quotidiani della vita.
In altri termini, la concessione dell’assegno di accompagnamento spetta ai soggetti invalidi al 100% che abbiano una effettiva necessità di assistenza continua.
Sfortunatamente, tuttavia, l’indennità di accompagnamento viene spesso riconosciuta solo a chi non è in grado di camminare. Non è raro, infatti, ricevere una decisione della Commissione medica dell’INPS che riconosca all’interessato la situazione di invalidità al 100% senza, tuttavia, attribuirgli parallelamente il diritto a percepire l’indennità di accompagnamento.
Ciò avviene a causa di un’errata interpretazione ed applicazione dei requisiti sanitari minimi previsti dalla legge che concede tale indennità a tutti coloro che si trovino“nell’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore o [che] non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, abbisognano di un’assistenza continua” [1].
Tale indennità, pertanto, viene riconosciuta non solo a chi non è in grado di non camminare, ma pure a chi, anche per motivi di salute temporanei, non è in grado di badare quotidianamente a sè stesso.
Ciò è peraltro stato ribadito diverse volte dalla Corte di Cassazione la quale ha precisato che i due requisiti sanitari previsti dalla legge siano alternativi per cui l’indennità può essere concessa o a coloro che siano inabili a camminare o a coloro che necessitano comunque di assistenza continua nel compimento degli atti quotidiani della vita [2].
Sulla base di tale considerazione, la Cassazione è giunta a stabilire il diritto a percepire l’indennità a persone che, pur se abili a svolgere in casa gli atti quotidiani della vita tipici della propria età (come lavarsi, nutrirsi e muoversi autonomamente), non sono comunque in grado di uscire e camminare da sole al di fuori della propria abitazione.
Cerchiamo quindi di capire cosa si intende per incapacità di deambulazione eimpossibilità a compiere gli atti quotidiani della vita.
Sono incapaci a deambulare le persone affette da una generale condizione di amelia, dismelia, paralisi o, più in generale, da disturbi neuropsichici.
Il soggetto necessita di assistenza continua, invece, quando, le sue condizioni di salute, anche temporanee, alterano ogni rapporto concreto con la realtà quotidiana [3]in quanto lo rendono non autosufficiente a compiere autonomamente gli atti di ogni giorno della vita.
Evidentemente, le due condizioni, pur se autonome, sono spesso confuse dalle Commissioni Mediche dell’INPS che prestano maggiore attenzione all’incapacità di deambulare e negano, invece, l’accompagnamento alle persone incapaci a svolgere autonomamente gli atti quotidiani della vita.
In tali ipotesi di diniego dell’indennità a soggetti che abbiano un’invalidità o inabilità totale al 100% sarà necessario presentare ricorso al Tribunale affinchè, attraverso un procedimento snello e veloce, riconosca all’interessato il diritto ingiustificatamente negato.
[1] Art. 1 della L. 11 febbraio 1980 n. 18.
[2] Cass. sent. n. 4887 del 5.04.2002; Cass. sent. n. 6882 del 13.05.2002; Cass. sent. n. 1003 del 23.01.2003, Cass. sent. n. 8060 del 27.04.2004.
[3] Circolare Ministero del Tesoro 14/1992.
Fonte:
La Legge Per Tutti